step#07 Poesia, uno sguardo aldilà della siepe leopardiana e il sentimento del sublime

La poesia è senza dubbio la tecnica per eccellenza, basti solo pensare che il termine deriva dal latino poësis che risale al gr. poíēsis, der. di poiéō ‘faccio, produco’; quindi, fare poesia significa proprio costruire dal nulla e l'arte poetica si configura come l'arte della creazione, con particolare riferimento al lavoro dei vasai. I poeti possono essere visti come degli "ingegneri della filosofia", coloro che, pensando a dei concerti, riescono a metterli per iscritto seguendo particolari schemi.

La più alta e rinomata espressione lirica circa le tematiche che concernono con l' infinito gravita senza dubbio attorno la figura di Giacomo Leopardi che nel 1818-19 pubblicò l'omonima poesia nella sua raccolta di idilli. Chi volesse scoprirne di più circa la contestualizzare può comunque visitare il sito di Wikipedia, noi ci occuperemo di un'analisi più generale. 

Il manoscritto originale del poeta che oggi è conservato a Recanati, la sua casa.

"Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell'ultimo orizzonte (celeste confine) il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati (infiniti)
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra (fra) queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità (infinità) s'annega il pensier mio:
E il naufragar m'è dolce in questo mare."

È interessante osservare come anche le parole elise e poi cambiate facciano riferimento al campo semantico del titolo che corona l'opera; qui tutto ha il sapore d'infinto: il lessico, la sintassi, ogni piccolo mattone del componimento cela in sé un sentimento ben profondo. Leopardi se ne fa portavoce e, immerso nell'incanto del locus amoenus, canta della meraviglia che il suo animo prova dinanzi alla potenza della natura e dell' immaginazione che, lì dove l'occhio si perde, spalanca agli uomini così piccoli e fragili le porte dell'infinito
Una siepe, con la propria estensione fisica, cela ciò che si trova dietro essa, impedendo lo sguardo del poeta che, dall'alto della sua erudizione, resta placido ad immaginare cosa mai possa esserci oltre; ed è proprio in questo spazio-tempo, in questa pace dei sensi che nasce il sentimento del sublimeun misto allo stesso tempo di piacere e angoscia. 

La siepe e la vista del Tabor, soprannominato poi colle dell'infinito.

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