step#09 Il sublime nell'arte, Friedrich e l'anelito verso l'infinito

L'arte ci mostra come con straordinaria meraviglia sia possibile combinare i vari colori tra loro per dare vita a quadri che raffigurano se non l'infinito per quanto intangibile che sia, almeno la sua essenza nella figurazione o nell'astrazione.
Si parte da artisti come Turner o Friedrich, passando per l' espressionismo di Picasso così da arrivare all'astrattismo del cavaliere azzurro di Kadinskij. Però, analizzando le arti figurative, in questa sede prenderemo in esame il capolavoro di Caspar David Friedrich che ha lasciato senza dubbio un bel segno nella tradizione romantica grazie al significato profondo di ciò che egli dipinse. 

Viandante sul mare di nebbia, olio su tela, 95 cm x 75 cm, Hamburger Kunsthalle(1818)

Al centro del dipinto si erge solitario un uomo che, sull'orlo di uno sperone freddo e inospitale, osserva placido il paesaggio montano della Boemia che si spalanca tutt'intorno. Questo viandante solitario dovrebbe essere un colonnello, amico del pittore, il quale vuole tenerne ancora vivido il ricordo; egli, indossa il classico vestiario dell'epoca e munito di un bastone da passeggio, rappresenta la tipica figura dell'outcast romantico che, allontanandosi dalle folle, cerca un pò di pace nella natura per meditare su sé stesso. 
La natura, dal canto suo, si mostra timida dinanzi agli occhi dell'osservatore che, persi nell'immensa vastità, riescono a percepirne solo alcuni tratti, quei tratti che la nebbia gentile non nasconde per sua estensione. Questo baratro nebbioso irradia messaggi multiformi; passando dalla contemplazione dell'infinito e del sublime, nonché della correlata sensazione di imperfezione umana (humilitas) alla celebrazione della divinazione e all'errabondo:

«Il rapporto col paesaggio in lui si colora di un elemento insolito: la partecipazione commossa del soggetto, il senso dell'infinito e del mistero, che conduce con sé simboli, evocazioni, allegorie. Sovente è la natura stessa a fare da protagonista, sia per l'assenza dell'uomo, sia perché anche quando è presente esso si fonde con la natura in un tutt'uno che celebra l'assoluto»
Scriveva Marco Bona Castellotti. 

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