step#08 Il pensiero socratico nel dialogo platonico: trattare d'infinto per conoscere il diletto

Il Filebo fa parte della terza e conclusiva Tetralogia di dialogi platonici; qui, Platone attribuisce per l' ultima volta il ruolo di protagonista al proprio maestro Socrate.
Il tema principale della disquisizione è il piacere: a dibattere con il grande filosofo ci sarà Filebo che lascia il carico delle proprie argomentazioni a Protarco. Ovviamente, lo scopo del dialogo non è meramente dialettico ma si pone l'obbiettivo di arrivare alla pura verità circa questa tematica, nel pieno rispetto dell'arte maieutica. 
Lo scontro verbale pone la vollutà versus l' intelligenza e per riuscire a venirne a capo sarà doveroso che Socrate faccia un primo discernimento per quanto riguarda il legame stretto che vige fra unità, struttura e  infinito, porgendo anche due esempi

L'Accademia platonica



Recita il dialogo:

SOCRATE: "Un dono degli dèi agli uomini, così mi è apparso, da un punto indefinito del cielo divino venne scagliato, grazie anche a un certo Prometeo, insieme ad un fuoco luminosissimo. E gli antichi, che erano migliori di noi e abitavano più vicino agli dèi, tramandarono questa tradizione, per cui le cose che sempre si dice che siano e che sono costituite dall'uno e dalla molteplicità contengono in sé il seme della finitezza e dell'infinitezza. Dunque dobbiamo, essendo le cose ordinate sempre in questo modo, cercare ogni volta di stabilire un'unica idea riguardo a ogni cosa - e infatti troveremo che essa vi è insita - e quando la si ottenga, dobbiamo considerare la seconda dopo la prima, se in
qualche modo ve ne sono due, altrimenti tre o un altro numero, e parimenti ricondurre di nuovo ciascuna di quelle all'unità, finché ci si renda conto che l'unità originaria non è solo unità, molteplicità e infinitezza, ma che ha anche una struttura: e non dobbiamo attribuire l'idea di infinitezza alla moltitudine prima di aver osservato tutta la sua struttura numerica che sta in mezzo tra l'infinitezza e l'unità. Allora si può finalmente permettere che ciascuna delle unità si divida all'infinito. E dunque gli dèi, come dicevo, ci affidarono il compito di esaminare, apprendere, e insegnare l'uno all'altro. Ma gli uomini saggi del nostro tempo unificano e moltiplicano così come viene - molto più rapidamente o più lentamente del necessario -, e dopo l'unità si dirigono direttamente verso l'infinitezza, ed evitano tutto ciò che sta in mezzo, e per queste ragioni si distingue nei discorsi che facciamo tra noi quello di stampo dialettico da quello di stampo eristico."

SOCRATE: "Quello che dico si manifesta con evidenza nelle lettere dell'alfabeto, e lo puoi comprendere in quelle nozioni che hai appreso quand'eri bambino."
PROTARCO: "E come?"
SOCRATE: "La voce che mi esce dalla bocca è una, ed è anche infinita e per così dire molteplice, la voce di tutti e quella di ognuno."
PROTARCO: "E che significa?"
SOCRATE: "Ci sono due motivi per i quali non siamo per nulla sapienti, vale a dire perché non conosciamo la sua infinitezza e neppure la sua unità: ma per quanto riguarda la sua intensità e qualità, questo lo conosciàmo bene perché consente a ciascuno di noi di poter scrivere le lettere dell'alfabeto."
PROTARCO: "Verissimo."

SOCRATE: "E lo stesso discorso riguarda anche chi compone musica."
PROTARCO: "E come?"
SOCRATE: "Ma, o amico, dopo che avrai appreso quanti sono, secondo il numero, e quali sono gli intervalli della voce riguardanti il tono più acuto e quello più grave, e i confini di questi intervalli, e quanti accordi risultano da essi -gli antichi, dopo averli studiati li consegnarono a noi, che veniamo dopo di loro, e li chiamarono "armonie", e osservarono che anche nei movimenti del corpo umano vi sono altri fenomeni di questo genere che, misurati per mezzo dei numeri, affermano di dover chiamare "ritmi" e "metri" e allo stesso tempo comprendere che in questo modo si deve
condurre l'analisi intorno all'uno e ai molti - qualora, dicevo, tu abbia appreso questi concetti in questa maniera, allora diventi sapiente, e quando attraverso questo tipo di analisi conquisterai un'altra delle qualsivoglia unità, allora sarai diventato consapevole di quel che stai ricercando: ma l'infinità di ciascuna cosa e la molteplicità di infinito che vi è all'interno di ciascuna di esse ti rende ogni volta incapace di pensare, e non ti consente di essere illustre e stimato,quando tu non sia mai stato in grado di scorgere in nessuna cosa nessun numero."

SOCRATE:"Come quando si comprenda un'unità qualsiasi, dicevamo, non si deve rivolgere direttamente lo sguardo alla natura dell'infinito, ma ad un intervallo numerico, così anche al contrario, qualora si sia costretti ad afferrare per prima cosa l'infinito, non si deve guardare direttamente all'unità ma esaminare il numero - in quanto ciascuno contiene una certa molteplicità - e terminare l'analisi giungendo all'uno dai molti. Ritorniamo di nuovo a quello che si diceva prima riguardo alle lettere dell'alfabeto."
PROTARCO: "E come?"
SOCRATE: "Dopo che un dio o un uomo divino capì che la voce è infinita - in Egitto questi fu un certo Teuth, racconta la tradizione, il quale per primo capì che le vocali, nell'infinitezza della voce, non sono una ma più e che ci sono altri elementi che non appartengono alla voce ma al suono, e che anche queste si possono quantificare numericamente, allora separò una terza classe di lettere che noi ora chiamiamo consonanti mute -, dopo di ciò separò le consonanti mute dalle consonanti sino a giungere all'unità, e allo stesso modo fece con le vocali e quelle di suono intermedio, finché, conosciuto il loro numero, diede a ciascuna e a tutte il nome di "lettera": osservando che nessuno di noi neppure una lettera di per sé potrebbe apprendere senza conoscere tutte le altre, e ragionando su questo legame che
permette a ciascuna di essere una, ma che le unisce tutte insieme, unì ad esse i meccanismi della grammatica dando loro
questo nome."

SOCRATE: "Vuoi sapere che cosa c'entrino queste cose con il discorso che stiamo portando avanti?"
FILEBO: "Certo, questo è quello che cerchiamo di scoprire già da un po' di tempo, io e Protarco. " 
SOCRATE: "O forse,pur trovandovi già su quel punto, voi, come dici, continuate già da tempo a cercarlo."
FILEBO: "E come?"
SOCRATE: "E proprio questo ci domanda il discorso che abbiamo fatto prima, vale a dire come è possibile che in ciascuno di essi vi sia l'unità e la molteplicità, e come non sia direttamente infinito, ma come ciascuno sia dotato di un intervallo numerico prima di diventare infinito?"

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