step#04 Mitologia e tracotanza: andare oltre il limes per raggiungere l'infinito

Immaginate di essere dei cittadini dell'antica Grecia e, dopo aver percorso un'infinità di chilometri insieme al vostro cavallo, arrivate finalmente all'oracolo di Apollo a Delfi e trovate come consiglio la scrittura:
"γνῶθι σαυτόν", (gnōthi sautón). 
Questa frase ha come corrispettivo latino "nosce te ipsum", ovvero conosci te stesso.
Un mare di strada per imparare che bisogna conoscere se stessi? Io mi conosco da quando sono nato, direbbe qualcuno.
Il fatto è che il significato della summa è molto più profondo di quello che si potrebbe immaginare e per poterlo ben interpretare si deve scavare a fondo nel pensiero di un popolo che venerava il culto della bellezza, della perfezione e della simmetria.
Dobbiamo conoscere noi stessi, i nostri limiti e nel pieno imperativo di questa frase non superarli, in quanto è proprio questa la nostra natura finita di uomini. Capita spesso, però, che l'uomo, spinto da eccessiva "curiositas"(curiosità) e accecato da Ate (la divinità della discordia che inganna e sconvolge lo spirito), vada oltre ogni limite impostogli per elevarsi verso la figura di "Dio", la cui natura è invece infinita.

La mitologia ci insegna come questi tentativi falliscano sempre miseramente e uomo o semi-dio che si sia macchiato del peccato di tracotanza (in greco "hybris") faccia una brutta fine, ottenendo come risultato l'ira degli dei ("Nemesi") e un'infinita condanna. La tracotanza è concepita come forma di rifiuto all'esistenza di limiti: l’uomo vuole sempre guardare in alto, alla ricerca di cose che non conosce o che non ha mai visto e si duole del fatto di non poterle mai raggiungere; del resto, se in greco la parola uomo è "anthropos", colui che volge il capo all'insù, un motivo deve esserci.


ULISSE
Perfino il mitico Odisseo viene collocato da Dante nel VIII Bolgia dell’VIII Cerchio fra i consiglieri fraudolenti a bruciare coperto da fiamme eterne, in quanto egli aveva superato i limiti del mondo fino allora conosciuto, trasgredendo le regole e imbarcandosi con i compagni in cerca di avventure oltre le colonne d'Ercole.

Le colonne d'Ercole, nello stretto di Gibilterra, rappresentano il limite estremo del mondo fino ad allora conosciuto, nonché metaforicamente quello della conoscenza.
Qui troviamo anche la dicitura: "non plus ultra"
(non più avanti).




PROMETEO
Prometeo era un titano, fratello di Epimeteo, Atlante e Menezio, il cui nome significa etimologicamente "colui che riflette prima". Secondo il mito della creazione egli fu incaricato da Zeus a creare la vita e si macchiò del peccato di tracotanza quando, accorgendosi di aver lasciato l'uomo privo di difese naturali, rubò il fuoco agli dei e lo donò agli uomini affinché questi potessero usarlo e quindi progredire insieme all'uso della tecnica, portata anche in dono.
La sua azione scatenò, però, l'ira di Zeus che che lo incatenò ad una rupe ai confini del mondo e poi lo fece sprofondare dritto nel Tartaro, con la compagnia di un'aquila che giornalmente si reca da lui per mangiarne il fegato. 




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