#step19 Oltre l'utopia

L'edizione del 1518 dell'Utopia di Tommaso Moro
Il termine utopia, parola coniata da Tommaso Moro solo intorno al 15° secolo, racchiude in sé un essenza che a molto in comune con l'infinito. Già da un punto di vista puramente linguistico si può notare come i due termini siano negazione di qualcosa: da un lato il non luogo, dall'altro il non finito
L'utopa, nella sua accezione di significato, a differenza della distopia indica un qualcosa di positivo, un luogo che non esiste in realtà ma che rappresenta l'archetipo ideale di un qualsivoglia organizzazione ti tipo politico o sociale. Quindi, stiamo parlando in sostanza di un qualcosa che non conosciamo, una natura di fatto intangibile a noi ma che comunque suscita una nostra continua ricerca, tendenza incessante ad essa come  accade per l'anelito all'infinito. 

"L’utopia è come l’orizzonte: cammino due passi, e si allontana di due passi. Cammino dieci passi, e si allontana di dieci passi. L’orizzonte è irraggiungibile. E allora, a cosa serve l’utopia? A questo: serve per continuare a camminare."
(Eduardo Hughes Galeano)

Sebbene però la ricerca dell'infinto potrebbe portarci verso particolari stati d'animo o pensieri, l'utopia mira essenzialmente a condurci sempre più vicino ad un unico risultato: il progresso, nella fede che questo possa essere infinito.
Diceva Oscar Wilde:
“Una carta del mondo che non contiene il Paese dell'Utopia non è degna nemmeno di uno sguardo perché non contempla il solo Paese al quale l'umanità approda di continuo. E quando vi getta l'àncora la vedetta scorge un Paese migliore e l'Umanità di nuovo fa vela. Il progresso altro non è che il farsi storia delle utopie."

Anche il saggio InfinitiMondi si propone di ricercare il significato che ha l'utopia in correlazione con l'infinito. 

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